La religione della libertà

In un passato tutt’altro che remoto ho abbracciato il Vangelo.

Addirittura, sia pur per un solo anno, sono stato iscritto ad Azione Cattolica. Dulcis in fundo, mi sono pure sposato in chiesa! Insomma non sono decisamente un mangiapreti. Oggi, tuttavia, potrei definirmi agnostico. Anche quando ero credente, credevo nel Vangelo e molto poco nelle strutture burocratiche di Santa Romana Chiesa. La religione che ora professo è la religione della libertà. Questa mi fa dire non basta alle religioni, ma piuttosto: basta agli sconfinamenti delle religioni in tutti quei campi che non riguardino strettamente la sfera individuale della libertà di culto. Spesso, dopo aver ascoltato su Radio Radicale la conversazione settimanale delle 22 di Marco Pannella con Massimo Bordin, o l’appuntamento quotidiano delle 23 con Daniele Capezzone, segretario di Radicali Italiani, prima di addormentarmi mi capita di riflettere sulla giornata politica italiana e internazionale, e sul nostro contributo ad essa.

Mentre guardo il viso rilassato di Maria Antonietta che dorme, all’improvviso il mio pensiero si sposta repentinamente sulla mia malattia. Allora, certe volte, come per incanto, anziché rivolgermi a Dio comincio a riflettere su qualcosa che mi sembra essere più alla portata di un uomo.

Inizio così il mio viaggio immaginario nel sistema solare, nella galassia che lo contiene, nell’universo che ci alimenta e che ci fornisce l’energia necessaria alla nostra sopravvivenza. Il solo viaggio nello spazio non soddisfa però la mia sete di conoscenza. Mi muovo, quindi, anche nel tempo, interrogandomi sull’inizio dell’universo, se, come alcuni sostengono, un inizio c’è stato. Vorrei avere il genio e il patrimonio di conoscenze di Stephen Hawking, il fisico teorico vivente più accreditato, per comprendere in modo adeguato i concetti di spazio e di tempo. Purtroppo, sono solamente tre le cose che mi accomunano allo scienziato inglese: la tenacia, la malattia e la sete di conoscenza. Di conseguenza, devo accontentarmi di formulare delle domande, senza però potervi dare delle risposte. Non so se l’universo abbia avuto un inizio. Oppure, se esista da sempre. Se dovesse essere confermata la teoria del Big Bang, cioè se effettivamente l’universo ha avuto un inizio, resta da chiarire che cosa sia stato, o chi sia stato, il principio che lo ha originato. Se sia un principio casuale, oppure un principio cosciente. Di fronte a questi interrogativi non provo paura, come quando affronto il problema della morte. Mi immergo piuttosto in un oceano di silenzio, quel silenzio che è possibile sperimentare, quando il processo della conoscenza viene messo in moto dal nostro cervello. Il mistero dell’universo è affascinante. Quando lo affronti, il fatto che prima o poi la nostra esistenza debba finire non costituisce più una preoccupazione, un limite, un ostacolo insormontabile. Altre domande affollano dopo la mia mente. Se vi è stato un inizio per il nostro universo, cosa impedisce che tale inizio abbia potuto anche avere luogo in altri tempi e in altri spazi? E se esistessero infiniti universi? Non sono in grado, non siamo in grado, gli scienziati in particolare, non sono ancora in grado di rispondere a tutte queste domande. Forse, la durata dell’umanità non consentirà, nemmeno lontanamente, di avvicinarsi alla soluzione di tali enigmi. Una cosa è però certa:

una parte dell’umanità è alla ricerca continua di percorsi di conoscenza che possano, da un lato, aumentare il nostro bagaglio culturale, dall’altro migliorare le nostre condizioni di vita.

Queste sono infatti le finalità ultime della scienza e della ricerca scientifica. Un’altra parte dell’umanità è invece, da sempre, contraria al progresso scientifico. Storicamente, coloro che sono convinti di essere i padroni del nostro destino, sono i sacerdoti. I sacerdoti della chiesa cattolica, della chiesa comunista, della chiesa nazista, della chiesa fascista, di tutte le chiese integraliste, che fanno del massacro della conoscenza uno dei fini primari dei loro assetti dogmatici e delle loro azioni confessionali. Hawking racconta questo episodio che risale al 1981, quando il suo interesse sull’origine dell’universo viene risvegliato dall’invito a partecipare ad una conferenza sulla cosmologia in Vaticano. Alla conferenza segue una udienza con il papa, Giovanni Paolo II, il quale ricorda agli scienziati presenti che mentre è giusto studiare l’evoluzione dell’universo dopo il Big Bang, non dovrebbero invece indagare sul Big Bang. In quanto quello è l’istante stesso della Creazione, e dunque è opera di Dio. L’intervento di Hawking alla conferenza verteva proprio sulla possibilità che l’universo non abbia mai avuto un inizio, e quindi nessun istante di Creazione. Il fisico inglese sostiene che se si va indietro nel tempo si raggiunge la singolarità del Big Bang, in cui le leggi della fisica si interrompono. Ma esiste un’altra direzione del tempo che si può seguire, e che evita la singolarità. Viene chiamata la direzione del tempo immaginario. Nel tempo immaginario non c’è bisogno che ci siano singolarità che compongano un inizio e una fine del tempo. Dunque, prosegue Hawking, se l’universo avesse avuto un inizio, noi avremmo potuto supporre un Creatore. Ma se l’universo è interamente contenuto in se stesso, senza alcun confine e limite, allora non è possibile immaginare né un inizio, né una fine. È, e basta. Che ruolo avrebbe allora un Creatore? Evidentemente il rapporto fra scienza e religione è stato e continua ad essere molto difficile, se non addirittura impossibile. Il rogo di Giordano Bruno e l’abiura di Galileo Galilei sono due esempi emblematici, anche se, come è stato evidenziato poco sopra, gli anatemi vaticani proseguono ai giorni nostri, anche nel campo della cosmologia. Tuttavia, sembra che ultimamente il terreno più fertile per le scorribande degli integralisti cattolici, ma anche degli integralisti verdi, sia quello della bioetica. In un passato non troppo remoto, erano i cadaveri ad essere sacralizzati. I medici che li studiavano rischiavano di finire, e a volte finivano, sul rogo.

Oggi, sono invece sacralizzati gli embrioni, come se 64 cellule staminali indifferenziate, cioè la blastocisti, potessero essere considerate una persona.

Nel ’700 alcuni medici sostenevano di aver osservato al microscopio, nell’ovulo, o nello spermatozoo, un essere in miniatura con tutti i suoi organi già formati, e in attesa solo di potersi sviluppare. Lo chiamavano omunculus. Chiaramente, avevano visto solamente ciò che volevano vedere. Inoltre, come nel gioco delle matrioske, sostenevano che l’omunculus contenesse a sua volta una copia in piccolo di se stesso. Questa copia ancora un’altra, e così via ad infinitum. Tale principio spiegava anche come si sarebbero generate tutte le possibili future generazioni, oltre a spiegare la trasmissione ereditaria dei caratteri della vita. Oggi, con rinnovato atteggiamento oscurantista e ascientifico, sembra che la medesima distorsione ottica colpisca le gerarchie vaticane. Per la teologia cattolica, infatti, mentre l’ovulo non fecondato non costituisce un essere umano, al momento del concepimento inizierebbe invece ad esistere una nuova ed unica entità genetica e, conseguentemente, una nuova vita. Questo principio viene esteso anche alla clonazione terapeutica, dimenticando che essa non è il concepimento, cioè l’incontro dello spermatozoo con l’ovocita, e che non è finalizzata allo sviluppo del feto. Se l’anima viene dunque infusa da Dio al momento dell’incontro dello spermatozoo con l’ovulo, e con un atto di amore, cosa succederebbe all’individuo che può potenzialmente derivare dalla clonazione riproduttiva? Sarebbe un individuo senza anima? E ancora: cosa dire dei bambini nati a seguito di una violenza sessuale? Essi non sono certo il frutto di un atto di amore. Dunque, sono pure loro senza anima? Il terreno della bioetica è sì scivoloso, ma non tanto per gli scienziati, quanto piuttosto per i teorici della morale e della religione. Un po’ di tempo fa ho tentato di fare un ragionamento in questo senso. Le possibilità sono due: o l’anima non esiste fin dal concepimento, oppure, in un futuro non troppo remoto, grazie alla clonazione riproduttiva, potremmo assistere alla nascita della prima persona senz’anima. C’è poi un altro caso molto interessante. I gemelli sono la conseguenza di un processo che potremmo definire di clonazione naturale. In questo caso i teologi dovrebbero dirci se le due persone hanno un’anima a metà, oppure se una delle due ne è priva. Insomma, se il Papa ha intimato agli scienziati di non indagare sul Big Bang, nel campo della biomedicina il processo dal quale può cominciare lo sviluppo di un individuo dovrebbe rimanere inesplorato. La paura è però sempre la stessa. Quella che a un certo punto, come se questo fosse il fine ultimo della scienza, qualcuno potesse dimostrare la non esistenza di Dio.

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