Noi che non possiamo aspettare

C’era un tempo per i miracoli della fede. C’è un tempo per i miracoli della Scienza. Un giorno il mio medico potrà, lo spero, dirmi: “Prova ad alzarti, perché forse cammini”.Ma non ho molto tempo, non abbiamo molto tempo. E, tra una lacrima e un sorriso, le nostre dure esistenze non hanno bisogno degli anatemi dei fondamentalisti religiosi, ma del silenzio della libertà, che è democrazia. Le nostre esistenze hanno bisogno di una cura, di una cura per corpi e spiriti. Le nostre esistenze hanno bisogno di libertà per la ricerca scientifica. Ma non possono aspettare. Non possono aspettare le scuse di uno dei prossimi papi.


Invettiva agli ipocriti.

Voglio affrontare un argomento che credo sia di un certo interesse, almeno per me. Mi sono spesso domandato quale potesse essere il significato della mia esistenza, e il contributo che avrei potuto dare a me, e ai radicali italiani. La risposta è al tempo stesso semplice e complessa, così come semplici e complessi sono tutti i fatti della vita di una persona. Dopo questo lungo pippone, ho optato per un taglio conclusivo comico, in modo da non essere mandato a fare in culo, prima della fine di questo mio, non breve, intervento. In primo luogo, il significato della mia esistenza è quello di viverla, così come mi è consentito, punto e basta. Nella mia avventura radicale, la cosa più importante, che penso di essere riuscito a realizzare, è quella di aver fatto di una malattia una occasione di rinascita e di lotta politica. Di avere avuto la forza e il coraggio di trasformare il mio privato in pubblico. Di avere ribadito che la persona malata è innanzitutto persona, e come tale ha diritto a vivere una esistenza piena, e libera, contro il senso comune e le ipocrisie quotidiane che vorrebbero, invece, relegarci in una terra di nessuno.

Che cosa può succedere quando ci si ritrova su una sedia a rotelle e senza voce?

Succede di tutto. Il silenzio si fa, però, parola, anche se parola interiore. Così, uscendo dall’albergo, per andare a piazza del Pantheon, mi si avvicina una signora che, guardandomi le gambe, e non negli occhi, mi domanda se sono sordo. Non posso parlare, ma la mia voce interiore le dice:

«Brutta imbecille, se mi guardassi negli occhi, e non le gambe, non ti ci vorrebbe molto, a capire che ci sento benissimo, anche se non ho nessuna voglia di ascoltare le tue cazzate».

Tornando in albergo, il portiere domanda a Maria Antonietta se posso salire da solo i tre gradini, sui quali non è stata predisposta la pedana di accesso per i disabili.

«Ma, brutto testa di cazzo», replica la mia voce interiore, «ti sembra che se potessi farlo, me ne starei seduto su una sedia a rotelle?».

A Milano, Vincenzo Silani, un neurologo squallido, che sta facendo di tutto per opporsi al protocollo

di studio nel quale sono stato arruolato, incontrandomi un anno e mezzo fa, nonostante fossi il paziente più grave, mi ha ricevuto per ultimo, facendomi passare davanti anche quei pazienti che avevano un appuntamento successivo al mio. Una volta entrato, non sapendo ancora chi fossi, mi ha messo nelle mani del suo assistente. Con aria scocciata mi ha poi spiegato che non c’era niente da fare, che si trattava di una malattia incurabile, come se non lo sapessi già, e mi ha consigliato di tornarmene a casa, dal momento che, di lì a poco, non mi sarei nemmeno potuto più muovere. La mia voce interiore gli ha risposto:

«Grandissimo pezzo di merda, ho già sepolto uno dei medici che mi ha fatto la diagnosi infausta, e non è detto che non riesca a sopravvivere anche a te, che con le tue parole false stai distruggendo la speranza di migliaia di malati, che confidano nella ricerca sulle cellule staminali. La ragione per la quale, tu macellaio, ti opponi a questa sperimentazione è tremenda, non vuoi perdere le parcelle dei tuoi pazienti che, uno dopo l’altro, ti stanno abbandonando».

Ancora, questa volta a Roma, non direttamente a me, ma a Maria Antonietta, c’è qualcuno che le chiede se posso o no scopare. La mia voce interiore, risponde, nuovamente:

«La sclerosi laterale amiotrofica colpisce la muscolatura volontaria, e non le funzioni sessuali. Certo, non posso fare tutte le posizioni del Kamasutra, ma me la cavo, brutto imbecille!».

La scorsa settimana, mi sono recato in una sanitaria per ordinare la mia nuova sedia a rotelle, quella con il supporto per la testa. Lì, ho incontrato il marito di una malata di sclerosi laterale amiotrofica che rivolgendosi, chiaramente, a Maria Antonietta, mi ha detto:

«Poverino, non è che al partito ti fanno strapazzare troppo? E quando sei stanco, come fai?». La mia voce interiore gli ha risposto:

«Primo, poverino un pezzo di cazzo! Secondo, sono io ad avere deciso di strapazzarmi, non gli altri per me. Terzo, siccome sono sempre molto stanco, tanto vale dare un senso politico a questa stanchezza. Quarto, nonostante tua moglie sia malata come me, non hai capito minimamente che tutto quello che sto facendo è anche per lei, e non solo per me. Ma va a fa’ nculo!».


C’è però una cosa che non mi è stata mai detta direttamente: povero handicappato, sei stato strumentalizzato.

Il motivo è semplice. La mia voce interiore avrebbe chiamato il mio avvocato, trasformandosi in un messaggio di posta elettronica, per far partire una denuncia per diffamazione. Si sa, il 99 per cento delle persone è senza coglioni, e quando si tratta di affrontarsi a viso aperto, gli occhi puntati negli occhi, non ce la fa proprio, e allora abbassa lo sguardo.

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