Il mio intervento al dibattito: Caro proibizionismo, quanto ci costi

Mi chiamo Luca Coscioni, ho 33 anni e sono un dirigente radicale, capolista, alle prossime elezioni politiche, della Lista Emma Bonino nelle circoscrizioni di Lazio 1, Umbria ed Emilia Romagna. La voce che state ascoltando non è chiaramente la mia. Per parlare sono infatti costretto ad utilizzare un programma di sintesi vocale. In questo mio intervento, l’aspetto autobiografico è intimamente legato alle considerazioni di carattere economico e finanziario che andrò a sviluppare. Penso sia quindi necessario raccontare, brevemente, chi sono. Per quanto riguarda la mia formazione culturale, posso dire di essere laureato in economia e commercio e dottore di ricerca in economia ambientale. Ho insegnato politica economica alla Facoltà di economia di Viterbo, come professore a contratto. Sono partito da una impostazione keynesiana. Oggi mi definirei liberista. Ho dovuto interrompere il mio percorso universitario e la mia intensa attività di ricerca, non a causa della malattia che mi ha colpito nel 1995, ma perché sono stato fatto fuori dal direttore dell’Istituto economico della Facoltà di economia di Viterbo, il marxista Vittorangelo Orati, un professore associato. Nel giro di pochi mesi, non appena ha saputo della diagnosi che mi era stata fatta, Orati ha decretato la mia esecuzione al concorso per ricercatore, prima, e non mi ha fatto rinnovare, poi, il contratto per l’insegnamento di politica economica. Ho voluto richiamare questo episodio per evidenziare come, in Italia, a differenza del mondo anglosassone, non solo non venga garantita l’uguaglianza delle condizioni di partenza, ma sia attuata una vera e propria pulizia etnica nei confronti di chi non è conforme ai parametri di normalite.

Vi domanderete perché sono paralitico, nel senso medico ed evangelico del termine, e perché per comunicare devo avvalermi di un portatile e di un sintetizzatore vocale. La risposta è semplice: cinque anni fa mi sono imbattuto in una malattia neuromuscolare che si chiama sclerosi laterale amiotrofica. È una malattia oggi incurabile che rende chi ne è colpito paralitico e incapace di parlare con la propria voce. L’incontro con questa malattia che colpisce un italiano su diecimila è decisamente sconsigliabile. Purtroppo, però, non conoscendosi ancora le cause che ne determinano la pato-genesi, è di fatto impossibile prevedere quali siano i soggetti e i comportamenti a rischio. Per il 2001 si può quindi dire solo che i nuovi casi di sclerosi laterale amiotrofica nel nostro paese saranno circa 600. Complessivamente, nel corso del primo anno del Terzo Millennio, faranno i conti con questa malattia, italiano più, italiano meno, 6600 persone.

Mani e braccia mi funzionano poco, quanto basta, però, per consentirmi di spostare un normalissimo mouse. Un programma di auto-click, che ogni mezzo secondo aziona automaticamente il pulsante sinistro del mouse, risparmia al pollice della mia mano destra questa operazione, per me molto faticosa. Sullo schermo del mio portatile, compare, poi, una tastiera virtuale e, più a destra, la finestra del programma di previsione di parola, che, prevedendo, appunto, le parole, sulla base di singole lettere da me digitate sulla tastiera virtuale, riduce notevolmente i tempi di battitura. Posso così scrivere e successivamente far leggere ciò che voglio dire ad una interfaccia vocale, che non avrà la voce suadente del famoso elaboratore Hal di 2001 Odissea nello spazio, ma rende pur sempre libero il mio pensiero. È lo stesso sistema che usa, per comunicare, il professor Steven Hawking, il celebre fisico inglese, noto in Italia per il suo libro, Dal big bang ai buchi neri. Hawking è stato colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica nel 1963 ed è un paradosso vivente. Secondo i medici, dovrebbe essere infatti morto da almeno 33 anni. Invece, pur costretto alla immobilità, occupa, a Cambridge, la cattedra di matematica lucasiana, la stessa che fu di Newton.

Fatte queste premesse, addentriamoci nel cuore del tema che mi sono proposto di trattare. Il costo sociale annuo della sclerosi laterale amiotrofica, considerando unicamente la spesa per le pensioni di invalidità civile e le indennità di accompagnamento, ammonta a 8 miliardi di lire. Se a questi 8 miliardi sommiamo il costo monetario della perdita di produttività ed il mancato versamento degli oneri previdenziali, si raggiunge facilmente un costo sociale annuo di 28 miliardi di lire. È chiaro che nel mio computo del costo sociale annuo di una malattia come la sclerosi laterale amiotrofica restano fuori voci di costo fondamentali: i ricoveri, gli accertamenti diagnostici, gli ausili ortopedici, la terapia domiciliare della riabilitazione, l’assistenza medica ed infermieristica domiciliari, la ventilazione domiciliare nei casi di insufficienza respiratoria, l’alimentazione tramite sondino, sempre nei casi di insufficienza respiratoria. Non penso di essere lontano dal vero nell’affermare che il costo sociale annuo di questa patologia che colpisce solo 6600 persone possa ragionevolmente ammontare a 56 miliardi di lire. Dico ragionevolmente perché nel Paese del Grande Fratello, se è nota la durata media di una scopata di Pietro Taricone con Cristina, cioè 30 secondi, non è invece lecito sapere il costo medio annuo di un paziente con sclerosi laterale amiotrofica.

Per fare fronte a questi 56 miliardi annui ci sono tre strade. Le traccerò molto rozzamente, non me ne voglia Benedetto Della Vedova, che so essere economista rigoroso e attento. La prima è ricorrere al debito pubblico, dilatandolo ulteriormente. Tanto direbbero alcuni: sono solamente 56 miliardi. La seconda è creare nuovi posti di lavoro in modo tale che con i contributi previdenziali dei nuovi assunti si copra questa voce di costo. Piccolo particolare. Occorrerebbe aumentare i posti di lavoro di 56000 unità. La terza è trovare una terapia efficace per la cura della sclerosi laterale amiotrofica.

È qui che entrano in gioco le cellule staminali. Ma cosa sono queste cellule di cui molto si parla all’estero e poco in Italia, soprattutto in ambito politico? Sono cellule ancora indifferenziate, caratteristiche degli embrioni, ma presenti in quantità limitata anche negli organi adulti. Per ragioni non ancora note, le cellule staminali, una volta inserite nel sistema nervoso, sono irresistibilmente attratte dai punti, come le aree di lesioni o di degenerazione, aree nelle quali c’è più bisogno di loro. Una volta arrivate a destinazione, tali cellule indifferenziate si trasformano in neuroni in grado di sostituire o riparare quelli distrutti o danneggiati.

In una ricerca effettuata al John Hopkins Institute di Baltimora, i ricercatori, guidati dal Professor Jeffrey Rothstein, hanno iniettato cellule staminali provenienti da embrioni di topo nel midollo spinale di topi adulti, resi paralitici da un virus. Tale virus, chiamato Sindbis, attacca le cellule nervose motorie, distruggendole. Il 50 per cento dei topi trattati con le cellule staminali ha mostrato alcuni segni di miglioramento, come riuscire di nuovo ad alzare e appoggiare al suolo le zampe. Anche se le cellule staminali sono state iniettate alla base della spina dorsale, esse sono riuscite a risalire fino al nodo dal quale si diramano i nervi motori destinati al controllo del movimento della metà posteriore del corpo. I ricercatori hanno inoltre notato che una percentuale di esse, compresa tra il 5 e il 7 per cento, si è trasformata in cellule nervose adulte, riparando, almeno in parte, i danni causati dal virus, oppure, secondo altri scienziati, preservando da ulteriori danni e stimolando, le cellule nervose superstiti. È per queste ragioni che le terapie cellulari fondate sulle cellule staminali potrebbero essere usate nella cura della sclerosi laterale amiotrofica. I sintomi di questa sindrome sono in effetti simili a quelli causati dal virus Sindbis nei topi e i ricercatori del John Hopkins pensano di effettuare i primi trial con cellule staminali su esseri umani affetti da questa malattia entro due anni.

Ora, se la clonazione terapeutica servisse per curare solamente la sclerosi laterale amiotrofica e far risparmiare soltanto 56 miliardi all’anno allo Stato italiano, si potrebbe anche sostenere che tale strada non sia economicamente conveniente. Ma, con la clonazione terapeutica sarà possibile curare, nel nostro paese, 10 milioni di persone. E allora le cose stanno diversamente. Sì, perché, secondo il Rapporto Dulbecco sulle cellule staminali, il documento che contiene le raccomandazioni dei 25 Saggi incaricati dal Ministro della Sanità di fare chiarezza sulla materia, sono proprio 10 milioni gli italiani, colpiti da varie patologie, che potrebbero guarire, se curati con terapie basate su tali cellule. La portata delle nuove terapie cellulari fondate sulle staminali può essere considerata epocale. Se si desidera trovare un precedente nella storia dell’uomo che ci consenta di comprendere meglio quale potrebbe essere l’impatto della clonazione terapeutica, occorre riferirsi a ciò che ha rappresentato per l’umanità l’introduzione degli antibiotici.

È quindi chiaro che l’introduzione, in Italia, della clonazione terapeutica determinerebbe, nel medio-lungo periodo, un abbattimento della spesa sanitaria, previdenziale e socio-assistenziale, considerevole. In questa relazione, ho scelto, per semplificare l’esposizione, di prendere in esame soltanto il costo sociale delle malattie neurologiche, quali la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multipla, il morbo di Alzheimer, quello di Parkinson, le malattie cerebro-vascolari. Si tratta di malattie che colpiscono il 14 per cento circa della popolazione italiana e che incidono per un buon 20 per cento sulla spesa sanitaria complessiva. Nel 1999, la spesa sanitaria totale è stata pari a 154000 miliardi. Quindi, le malattie neurologiche hanno inciso sul bilancio dello Stato per 31000 miliardi circa. Se a tale voce di costo sommiamo la spesa per pensioni di invalidità civile, indennità di accompagnamento e perdita della capacità lavorativa, stimabili in 18000 miliardi di lire, raggiungiamo la considerevole cifra di 51000 miliardi per il 1999. A fronte di tale spesa, l’investimento pubblico per la ricerca scientifica stanziato in questo settore è stato di 50 miliardi, pari allo 0,002 per cento del prodotto interno lordo. Ripeto: pari allo 0,002 per cento del prodotto interno lordo. Inoltre, occorre anche notare che molte di queste patologie colpiscono persone anziane. Con il progressivo ed inesorabile invecchiamento della popolazione, questi 51000 miliardi sono inevitabilmente destinati ad aumentare. Tali costi graveranno su di una fascia di individui, quelli in età lavorativa, che, nei primi 20 anni del 2000, è destinata proporzionalmente a ridursi rispetto alla popolazione complessiva. In definitiva, toccherà ai lavoratori più giovani farsi carico di questi oneri, sacrificando così dosi crescenti di un reddito individuale che sarebbe stato possibile destinare ad altri impieghi. Insomma, per farla breve, la miopia dei governi che si sono succeduti dall’inizio della nostra storia repubblicana ad oggi, anche per quanto riguarda le risorse destinate alla ricerca scientifica, potrebbe condurre sull’orlo di un baratro il nostro sistema sanitario, previdenziale e socio-assistenziale.

In Italia, purtroppo, una legge sulla clonazione terapeutica, che regolamenti la produzione e l’impiego delle cellule staminali, ancora non c’è. Ora, la fonte più immediata, certa, per l’approvvigionamento di tale fondamentale materiale biologico è rappresentata dagli embrioni sovrannumerari. Tali embrioni, congelati e conservati sotto azoto, sono lo scarto dei programmi di fecondazione assistita, di cui ci danno regolarmente notizia, sempre in chiave miracolistica, i telegiornali Rai e Mediaset. Si tratta di embrioni comunque destinati a finire nella spazzatura che se venissero invece utilizzati potrebbero contribuire all’abbattimento dei costi sociali di molte patologie e a salvare la vita a milioni di persone. I 25 Saggi, a maggioranza, hanno detto sì ad un loro utilizzo. Ma i tempi lunghi, snervanti della politica italiana e le invasioni di campo del Vaticano non lasciano presagire nulla di buono. Inoltre, vorrei far notare che, se la via italiana alla clonazione, prospettata dal Ministro Veronesi, è ancora un libro dei sogni, la presunta scoperta della cosiddetta retro-differenziazione, un procedimento semplice per ottenere staminali da cellule adulte che non porrebbe dilemmi etici, non può e non deve far desistere gli scienziati dal proseguire le ricerche sugli embrioni soprannumerari.

È per queste ragioni che Emma Bonino e Cinzia Caporale hanno predisposto una proposta di legge di iniziativa popolare, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita e di ricerca sugli embrioni umani, di cui ho l’onore di essere il primo firmatario. La mia, nostra battaglia radicale per la libertà di ricerca scientifica è volta a dotare il nostro paese di una legge sulla clonazione terapeutica. Stati Uniti e Gran Bretagna ne hanno già una da sei mesi e hanno avviato la sperimentazione sull’uomo da almeno due anni; Francia, Germania, Svezia e la cattolicissima Spagna si stanno muovendo a grandi passi in tale direzione; in Italia, l’Ulivo non è stato capace di approvare una legge che rendesse disponibili queste nuove terapie e le rendesse disponibili oggi, non tra 20 anni; la Casa delle Libertà ha più volte ribadito di essere comunque contraria alla clonazione terapeutica. Vi chiedo quindi di accompagnarci, oggi, subito dopo la chiusura dei lavori del convegno, a depositare, presso la Corte di cassazione, tale proposta di legge di iniziativa popolare.

Concludo, sottolineando che, se una quantificazione dei costi sociali, scaturenti da un eventuale divieto, in Italia, della clonazione terapeutica, è possibile, per quanto riguarda invece i costi individuali, il fatto che io mi possa alzare dalla sedia a rotelle e parlare con la mia voce, non ha, letteralmente, prezzo, per la semplice circostanza che, sul mercato della salute, non c’è ancora un bene o un servizio con quelle caratteristiche. E si può star certi che, sempre in Italia, non avremo, nei prossimi 5 anni, una legge adeguata sulla clonazione terapeutica. È anche per questo che voglio, fortissimamente voglio, entrare in parlamento al fianco di Emma Bonino e Marco Pannella. Per fare ciò che Berlusconi e Rutelli, Ulivo e Casa delle Libertà non potranno mai fare.

08 febbraio 2001 – Luca Coscioni

Puoi ascoltare il mio intervento alla Sapienza cliccando qui

Sul sito di Radio Radicale è possibile  vedere  il video integrale del dibattito.

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