«Questo paese riconosca i suoi figli da vivi, non da morti»

Commozione ai funerali di Luca

Luca ha lasciato disposizioni ben precise: il suo corpo sarà cremato e le sue ceneri disperse nel mare di Santo Stefano, da un catamarano. In un giorno pieno di sole». E l’unico momento in cui piange Rodolfo Coscioni, papà di Luca, davanti al feretro dell’unico figlio maschio che la sclerosi laterale amiotrofica s’è portato via a 38 anni, dopo dieci e mezzo di lotta senza tregua alla malattia. È solo un attimo, perché poi la morte si saluta parlando della vita di Luca, del tennis, dello sci, della passione per il catamarano e delle moto. Palazzo comunale di Orvieto, aula consiliare, il feretro, un’orchidea della moglie Maria Antonietta posata sul legno chiaro, una rosa, un cuscino del sindaco di Roma Walter Veltroni. Una città che arriva silenziosa e, commossa, porge il saluto al cittadino più famoso. Alle 17,30, giù in piazza del Popolo, il primo funerale con rito laico celebrato in città. Maria Antonietta, pantaloni neri e maglietta a giro collo, sembra ancora più giovane dei suoi anni. La Rosa nel pugno la vuole capolista al posto di Luca. «Non lo so adesso, ma certo il mio impegno continuerà – spiega – C’era un accordo tra di noi: avrei continuato a combattere la sua battaglia. Luca mi ha lasciato una grande eredità: la sua forza. E’ stato un uomo straordinario perché ha dedicato corpo e anima alla sua battaglia per la libertà di ricerca. La sofferenza quotidiana era stata trasformata in altro, in impegno pubblico».

Lezioni di dignità dalla famiglia di Luca. C’è Monica la sorella, bionda, 35 anni, che dice «era un ricercatore in ogni cosa, curioso e ostinato, un vero spirito da combattente». Arrivano i compagni di liceo, di università, amici, conoscenti. Le lacrime di Emma Bonino, Marco Pannella, Marco Cappato. «Luca aveva capito che c’era un limite oltre il quale non voleva andare – racconta Maria Antonietta-. Così ha deciso di non sottoporsi alla tracheotomia. All’inizio ero disperata, ma poi ho accettato la sua volontà». Arriva Lanfranco Turci appena emigrato dai Ds alla Rosa del pugno. «Grazie al referendum sulla fecondazione ho conosciuto Luca Coscioni. È stato la più alta testimonianza degli ultimi tempi della discussione sui temi etici». Turci sa di aver scatenato una forte polemica ma, dice, «oggi sono più sereno, i compagni hanno capito le mie motivazioni, anche se molti non le condividono». C’è il suo ex collega di area, il liberal Enrico Morando, e i suoi nuovi compagni di avventura, come Giorgio Bogi. Arriva Roberto Giachetti della Margherita, lo Sdi è al gran completo, Roberto Villetti ed Enrico Boselli prima di tutti. Gavino Angius, capogruppo ds al Senato, pronuncia poche parole, commosse: «Luca ha combattuto una grande battaglia molto importante per il nostro paese». Il feretro lascia l’aula consigliare tra applausi e lacrime. Le note perfette di Mozart lo accolgono nella grande piazza piena di gente. Sotto il palco il feretro, sopra la famiglia, quella naturale, e quella politica, a ricordarlo.

Il sindaco di Orvieto, Stefano Mocio, promette: «Luca, farò della tua città il luogo dell’approfondimento del sapere, della conoscenza, della scienza». Francesco Pullia, a nome dei Radicali, ricorda il silenzio dei media e della politica: «In molti adesso ti devono chiedere scusa». Maria Antonietta annuisce, e piange, accanto alla gigantografia di Luca, lo sguardo assorto, vivo. Per Marco Cappato, segretario dell’associazione, «la persona più debole di tutti noi è stata la più forte». E grazie a lui, ricorda, che oggi i 100mila malati intrasportabili possono votare. Emma Bonino piange. «Siamo tutti un po’ soli – dice -, chi ha perso un compagno, chi ha perso un figlio, chi ha perso un marito. Il paese ha perso un grande leader politico. Non vorrei che si dimenticasse che la sua leadership politica è stata calpestata». Lungo applauso della piazza. Lei ricorda i no alla lista Luca Coscioni, al suo nome nel comitato di bioetica. «Questo paese deve riconoscere i suoi figli da vivi e non da morti, perché è da vivi che servono». Enrico Boselli parla del «grande amore per la vita, la sua e quella degli altri». Marco Pannella si rivolge a Luca, piange e alza la voce. Contro l’ostracismo, il clericalismo, l’ottusità. Parla a «Lucaccio», «testardo che hai scelto di non fare la tracheotomia. Luca testardo e pieno d’amore, di passione e di intelligenza. Luca che aveva mobilitato 52 premi Nobel, e la politica invece è rimasta cieca e sorda. Te lo ricordi Gavino – dice rivolto ad Angius – l’incredulità quando l’Ulivo non volle la lista Coscioni?». La battaglia di Luca l’hanno scoperta lunedì, «è nato all’Italia nel momento in cui si è spento lo straordinario miracolo del suo corpo». Sempre Pannella: «Il mio Prodi ha escluso il tuo nome, Berlusconi non ti ha voluto nel Comitato di Bioetica. Ma questo è il passato». Poi, lo saluta. «Ciao, sei come il mare». Ed è al mare che Luca torna.

23 febbraio 2006 –  Maria Zegarelli

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