Caro Massimo D’Alema

Caro Massimo D’Alema,

Sono qui per esprimerti una sorta di disagio politico che ha percorso in alcuni tratti il percorso di quella che ho sempre ritenuto essere una battaglia, la battaglia per la libertà di ricerca scientifica. A questo disagio, può sembrare banale, ho anche reagito appellandomi alla forza delle parole che mi sono state rivolte dai 50 Premi Nobel e al sostegno di più 2000 scienziati.
La situazione, almeno fino ad oggi, mi appare chiara: I Democratici di Sinistra hanno avuto una pesante responsabilità nel determinare l’attuale regime proibizionista in materia di ricerca scientifica e procreazione assistita. Tanto poteva esser fatto già durante gli anni del Governo del Centrosinistra. Sarebbe stato possibile emanare direttive ministeriali che dessero un quadro di certezza giuridica sia in materia di fecondazione assistita sia in materia di ricerca sulle cellule staminali embrionali. Si è invece scelta la via legislativa, avviata da Marida Bolognesi senza che i numeri in Parlamento potessero far ben sperare.
In questa legislatura la situazione è naturalmente peggiorata, e ci si è trovati di fronte a una legge che è stata approvata senza che in nessun modo i DS contribuissero a far diventare l’opposizione parlamentare un’opposizione anche sociale, visibile. La mobilitazione degli scienziati, delle manifestazioni davanti alla Camera e al Senato, delle associazioni dei malati, è stata fatta con i mezzi di Radicali italiani e dell’Associazione Luca Coscioni, con l’informazione di Radio radicale e la sponda parlamentare di Antonio del Pennino.
Già a dicembre 2003, il Segretario Fassino ci rispondeva di non voler creare uno scontro frontale tra laici e cattolici, come se questa legge potesse meritare la definizione di “cattolica” invece che di “clericale”. Nessuna manifestazione, nessun pullman, nessun girotondo, nessuna trasmissione di dibattito o di approfondimento serale, su nessuna Rete, nemmeno su RAI 3; nessun vero scontro politico, scaramucce a parte, nemmeno con la Margherita, che prendeva la linea di bocciare al Senato qualsiasi emendamento migliorativo. Livia Turco anzi invitava a mettere da parte le polemiche con la Margherita esprimendo, il 3 dicembre 2003 “dubbi che su una materia come questa possano valere e servire i referendum, del referendum temo la radicalizzazione laici-cattolici”. Anche tu, Presidente, esprimesti la speranza di evitare il referendum, rammaricandoti per il mancato compromesso laici-cattolici dell’Ulivo.

All’ultimo passaggio alla Camera Fassino si preoccupò ancora una volta di dire: “rispettiamo chi la pensa diversamente da noi e adducendo ragioni etiche, morali e religiosi, ritiene dover sostenere questa legge.”

Approvata la legge si è aperto il cosiddetto tavolo dei referendari per abolirla. Alcuni volevano l’abolizione di tutta la legge, altri l’abolizione di alcune parti mirate. Preparammo noi tutti i quesiti, sia quello di abrogazione complessiva, sia i quesiti parziali sulla salute della donna, sulla fecondazione eterologa e sulla libertà di ricerca scientifica. I vari partecipanti al tavolo, DS compresi, preferivano rimandare tutto a dopo le elezioni, cioè – considerando i ballottaggi – a dopo giugno. Sapendo bene i tempi necessari per far partire davvero una campagna referendaria noi insistemmo per iniziare subito e depositammo – da soli, perché lasciati da soli – sia il referendum abrogativo complessivo sia i quesiti parziali. E’ necessaria anche una premessa tecnica: ci sono tre mesi di tempo per raccogliere le firme, ma se le 500.000 firme non vengono consegnate già autenticate e certificate in Corte di Cassazione entro il 30 settembre, invece che votare nella prossima primavera, si andrebbe a votare addirittura nel 2007, essendo il 2006 anno elettorale.

Iniziammo dunque la raccolta il 13 aprile sul quesito di abrogazione complessiva, rimandando all’adesione di un fronte più ampio la possibilità di far fronte alla spesa aggiuntiva (e ai tempi più lunghi) che avrebbe comportato la stampa di più moduli fascicolati con la carta a carbone. Da allora cercammo con ogni mezzo di ottenere quantomeno l’indicazione dei DS ai propri sindaci e consiglieri comunali e provinciali di mettersi a disposizione per la raccolta delle firme. Questa era stata anche la mia richiesta nella lettera che ti inviai un mese prima dell’inizio della raccolta, l’11 marzo, quando per l’esattezza ti chiesi: “una indicazione che liberi i Consiglieri DS da qualsiasi preoccupazione di partito se scegliessero di prestarsi all’autentica delle firme.”
Nelle settimane successive arrivammo a pubblicare alcune pagine a pagamento sull’Unità per rilanciare la possibilità di una vittoria comune. Nel frattempo avevano firmato, ai nostri tavoli, buona parte della delegazione DS al Parlamento europeo, compreso il Vice Presidente del Parlamento e la Capogruppo (iscritta all’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca sxcientifica), e si moltiplicavano in tutta Italia i casi di Consiglieri “disobbedienti”, rispetto a una dirigenza che diceva altro.
Il 28 aprile Fassino dichiarava: Prima di ricorrere al referendum abrogativo e’ necessario provare a modificare la legge sulla fecondazione assistita in Parlamento” e aggiungeva che ”le iniziative referendarie sono due, una totale dei Radicali e un’altra parziale soppressione di alcuni articoli”. Ancora il 17 maggio, mentre era ancora fresca la notizia del fatto che persino l’insegnamento di Darwin se ne usciva dai programmi delle scuole medie e mentre il Comitato di bioetica preparava l’obiezione di coscienza sulla pillola del giorno dopo, il Capogruppo DS Violante, riferendosi chissà a quali maggioranze, insisteva sulla necessità di privilegiare la strada parlamentare. La vera e propria bugia delle due iniziative referendarie è stata poi ripetuta e aggravata il 2 luglio dallo stesso Fassino che ha detto: ”Ci sono due referendum in campo, uno abrogativo totale, che ci priverebbe di una qualsivoglia normativa, e un altro, proposto da scienziati e rappresentanti del mondo della medicina, che interviene in modo mirato sugli articoli piu’ deleteri della leggi. Quest’ultimo mi sembra piu’ proficuo e piu’ capace di raccogliere consenso ampio nella societa’. Se ce lo chiedessero non avremmo problemi a dare una mano nella raccolta delle firme”.

Ora la situazione è questa. Noi abbiamo raccolto da soli quasi 200.000 firme, ma 100.000 le abbiamo già dovute buttare via perché sono state raccolte con moduli vidimati oltre tre mesi fa. Ogni giorno che passa da oggi in poi noi siamo costretti a buttare via migliaia di firme sul referendum di abrogazione complessiva raccolte ad aprile, a maggio e a giugno. Le adesioni che abbiamo ricevuto sul referendum di abrogazione complessiva, da parte di Rifondazione, SDI, Di Pietro e Nuovo PSI, non si sono finora tradotte in un apporto consistente di firme.

Nel frattempo, le elezioni sono passate da più di un mese, e con il famoso “tavolo referendario” dei referendum parziali si è riusciti soltanto due giorni fa a ridepositare insieme in Corte di Cassazione i quesiti che noi avevamo già depositato. Non si sono ancora stampati i moduli, e realisticamente la raccolta firme non inizierà in nessun caso prima di agosto, cioè avendo già bruciato un mese pieno di raccolta – anzi, un mese e mezzo, se si considerano le certificazioni -.per rispettare il termine della consegna al trenta settembre. E nell’attesa di stampare i moduli anche dei quesiti di abrogazione parziali, il tuo partito continua a non dare una mano in nessun modo, continua ad impedire che i militanti e i simpatizzanti DS firmino già per un referendum sul quale sono tutti d’accordo, e addirittura ci sono stati impediti dei tavoli ad alcune feste dell’Unità.

Tutto questo mentre sarebbe possibile raccogliere subito e consegnare le 500.000 firme sul referendum complessivo e poi di slancio arrivare a settembre a oltre un milione di firmatari aggiungendo anche i quesiti parziali. Il deposito delle firme sarebbe tanto più significativo e tempestivo se pensiamo al fatto che poche settimane più tardi il Governo italiano cercherà di nuovo di far approvare dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York una risoluzione di messa al bando internazionale della ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali, con l’aiuto di Bush e del Vaticano.

2004 – Luca Coscioni

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