Addio a Luca Coscioni, ha perso una battaglia non la guerra

Cara Europa, leggo nella vostra pagina 6 (articolo di Paola Fabi) sulle lacrime dei politici a proposito di Luca Coscioni, che il presidente Berlusconi avrebbe dichiarato: «Ha testimoniato con forza il valore dei diritti civili che sono alla base del pensiero della grande famiglia liberale ». Ma la «grande famiglia liberale», come Berlusconi definisce la sua armata brancaleone, non andò al mare preferendo l’astensionismo di Ruini Pera e Ferrara al disperato appello di Coscioni? Sandra Tabacci Rumi, Milano Risponde Federico Orlando: Cara signora, ho troppi anni per poter prendere sul serio le coccodrillate dei politici (tutti i politici) i quali riescono a insinuarsi nelle grandi emozioni per dirsi partecipi delle medesime e provare a lucrarne qualche vantaggio in termini di opinione pubblica. Berlusconi non è capo di alcuna grande famiglia liberale, ma solo di un’accozzaglia di interessi materiali, di inebetimenti caudilleschi, di feroci nostalgie lombardo-venete, borboniche, fasciste, naziste, ultraclericali. Non esistono in Italia, né a destra né a sinistra, “grandi famiglie liberali”, per la semplice ragione che i liberali in Italia sono sempre stati, perfino quando c’erano i governi cosiddetti liberali, «estrema minoranza» (la definizione fu diffusa tra i giovani della mia generazione da giornalististorici come Spadolini e Montanelli, che la riprendevamo da Gobetti e Amendola).

Se ci fosse stata in Italia una grande famiglia liberale, Luca Coscioni avrebbe vinto il referendum sulla procreazione medicalmente assistita, che invece ha visto alle urne soltanto un quarto (scarso) del paese. Segno che i valori essenziali che i liberaldemocratici impegnavano in quel referendum (primato della persona sui “miti”, primato della vita sui dogmi, libera scienza in libero stato, libertà della ricerca scientifica pura, applicazione dei suoi risultati secondo le leggi del paese, possibilmente illuminate) sono, o erano al momento del referendum, valori minoritari nel paese. In quell’occasione, Europa, con indipendenza di giudizio mai contestata dai suoi azionisti, si è schierata in prevalenza con le tesi di Coscioni, senza negare a nessuno il più ampio spazio in queste pagine. E in maggioranza siamo andati a votare: o da cattolici adulti, come diceva Prodi, o da laici liberali, come dicevano altri fra noi. Abbiamo perso la battaglia, ma la guerra continua. Proprio ieri i giornali, nel sottolineare i passaggi di personaggi storici dei Ds alla Rosa nel pugno – da Turci a Di Giovanni – sottolineavano che questo accordo laico tra socialisti e radicali è figlio del referendum; e che prepara al futuro Partito democratico (Pierluigi Battista sul Corriere della sera) «un frammento di anima liberale di cui era sinora drammaticamente privo ». Opinione che condividiamo sia quanto al «prepara» sia quanto al «drammaticamente privo», avendo a nostra volta scritto e ripetuto che non nascerà alcun partito democratico, ma solo un bonsai cattocomunista, senza una componente liberale fondativa, dichiarata, riconosciuta e rilevante. A differenza di Pannella, che quando parla di antiche conquiste civili metodicamente dimentica il nome di Baslini affianco a quello di Fortuna come padri del divorzio, noi non dimenticheremo il nome di Luca Coscioni fra gli apostoli della battaglia per la ricerca scientifica, quando questa sarà stata liberata dai ceppi di moderne stregonerie.

22 febbraio 2006 – Federico Orland

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